Non dovremmo mai ingannare noi stessi, poiché nostri pensieri e le nostre intenzioni si riflettono insidiosamente sugli altri.
C’è in me un’idea di forzatura, di obbligo. Questa idea si nutre delle proiezioni ad essa affini e delle influenze esterne della vita ad essa collegate. L’osservazione di questi movimenti dona chiarezza e possibilità di discriminazione.
Quello in cui sono immerso oggi, ciò che chiamo “la mia esperienza”, è il massimo, l’ideale, su cui strutturare la mia indagine conoscitiva.
Il luogo in cui risiedo, le persone con cui lo condivido, le relazioni esterne, sono tutte materiale di studio e di indagine per comprendere i miei mondi interiori.
Ogni resistenza, ogni costrizione, ogni processo con cui entro in contatto, è la proiezione di un “qualcosa” o un “qualcuno” che porto dentro.
Queste entità richiamano a sé, attirando per risonanza, ciò che è loro simile per natura, utilizzando energie e forze presenti in me per affermarsi. Gli strumenti ideali restano la presenza e l’osservazione e, quando questi non bastano, una ferma volontà di affrontare i riflessi proiettati nello specchio del mondo esterno, parti esclusive della mia realtà interiore.
Lo stesso vale per i riflessi armonici e piacevoli.
È la costante accettazione di ciò che è in quel preciso momento, momento dopo momento, che permette la condensazione del fuoco dell’attenzione. La non resistenza, che di per sé genera ulteriore resistenza, permette che l’energia liberata nel movimento determinante l’esperienza possa fluire in modo libero e attraversarmi. Ogni negazione della realtà è resistenza, per cui ogni ‘no’ richiede una forza-energia pari e contraria per contrastare il processo negato.
In sintesi, la vigilanza tra “no” (negazione e resistenza) e “sì” (accettazione e rilassamento) determina l’uso dell’energia sprigionata dal processo esperito. Quando pienamente consapevole di questa polarità, insita in ogni esperienza, l’essere umano può dirsi cosxiente.
La negazione di questa Verità, o lo sforzo per lasciarla in ombra, relega l’uomo in uno stato di meccanica influenzabilità.
Egli resta suggestionato dalla stessa paura di sperimentare la vita, poiché in fondo ha paura di morire a ciò che crede di essere.
Questa forma di separazione, vissuta nella scissione tra dentro e fuori e tra alto e basso, è il nocciolo duro con cui si confronta colui che si incammina verso la propria verità interiore.
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Tratto da «La Sacra Realtà, Atto III: Un Tuffo dal Profondo – La Fonte Inesauribile», Sei Altrove Edizioni (pag. 180-181)