di Giuliano Kremmerz
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Studiare l’ermetismo coi precetti dianzi accennati e applicare le leggi assolute che si intuiscono, alla salute del corpo umano. Ma lo studio di questo genere di medicina non si deve, né si può fare con gli ordinari mezzi e coi metodi comuni, né è facile diventare un MEDICO ERMETICO.
Tutti gli uomini ordinari e colti che hanno frequentato le scuole e le università, possono esercitare l’arte medica secondo le leggi dei paesi in cui vivono, ma per diventare MEDICO ERMETICO bisogna essere coronato da una Università molto superiore a quelle ordinarie, ed essere un ERMETISTA – cioè un sapiente equilibrato – prima di accingersi a guarire un infermo.
La differenza che esiste tra un medico e l’altro, è differenza di sviluppo animico nell’uomo e nell’altro.
Il medico ordinario fa le sue osservazioni cliniche sull’ammalato, indi prescrive dei medicamenti secondo la scuola cui è ascritto. Se Dio la manda buona, l’ammalato è salvo; ma se l’ammalato muore può, prima di spirare, dichiarare che se ne va tranquillamente all’altro mondo con tutti i conforti della scienza nota. Mentre l’ammalato muore, il medico può stare tranquillamente a giocare una partita a briscola o a cenare con una signora romantica: la scienza è salva!
Il medico ermetico, il terapeuta iniziato, non procede nello stesso modo. Egli considera l’ammalato da un punto di vista più elevato, guarda al bene della sua evoluzione progressiva animica, e studia il male per rendersi conto s’esso dipende da una necessità coefficiente alla sua forza evolutiva: ne annuncia e predice la morte come un fatto naturale, e diventa l’aiutatore PSICURGICO dell’anima del moribondo; oppure attacca il male corpo a corpo con tutti i mezzi che le sue forze le consentono, e vi porta la salute con l’equilibrio e con la lotta contro il male, che è il disordine.
Il medico ordinario non ricorre che ai ricettari officiali e alla terapeutica accettata dagli altri.
Il medico ermetico, invece, si serve di tutte le forze, di tutti i medicamenti, di tutti i fluidi che gli paiono acconci o opportuni, dalle calamite alle erbe, dalla volontà alla magnetizzazione, dall’aiuto di entità estraumane allo scongiuro e alle preghiere. Il primo è un dottore fisico, il secondo è un medico sacerdote.
L’olio santo che è uno dei sacramenti della religione cattolica, aveva virtù di guarire; alcuni preti o monaci santi hanno la potestà – con la benedizione – di cacciare i vermi dai corpi dei bambini senza la più breve ombra di santità.
Eccomi a rispondere brevemente e chiaramente, e raccomando di non perdere sillaba di quanto vado a dire, perché pedestremente io mi studio di condensare tutte le verità disseminate negl’insegnamenti occulti dei cabalisti, affinché chi ha orecchi per intendere ascolti e chi ha occhi vegga.
L’ideale di un medico jeratico o sacerdotale capace di compiere miracoli, stupisce come un paradosso inaudito tutti i medici che studiano l’industria della medicina e dei medicamenti, perché costoro non hanno trovato in loro vita un momento solo per pensare che da quando il mondo è mondo, la sfinge innanzi a cui si perdono gli aghi magnetici delle migliori bussole è l’UOMO, homo sapiens dei zoologi e della filosofia zoologica, il degenerato del tipo animale scimmia di cui sarebbe – secondo la vera filosofia – la sola evoluzione della forma o aspetto esteriore.
La divisione tra mondo visibile e mondo invisibile si completa nell’uomo, nel quale la forma esteriore procede dal regno animale, perfezionamento evoluto del regno vegetale e minerale (1),(Adopero parole: regno vegetale, animale, minerale, per farmi capire, ma non per essere esatto.) mentre che la sostanza interiore o mente o spirito ha origine da un mondo invisibile sul quale il volgo ha delle opinioni imbrogliate ed imperfette.
Da queste opinioni imbrogliate sul mondo mentale o spirituale, scaturisce la conseguenza immancabile che non si conosce da cosa sia la mente umana, l’uomo ragionante e pensante, nello stesso modo che un bambino che non abbia mai visto un lago, uno stagno o un mare, non potrà mai formarsi un esatto concetto del pesce che vi si trova a suo agio.
L’uomo esteriore (fisico) racchiude un uomo interiore (spirito), il quale sfugge alle analisi dei metodi impiegati per studiare l’uomo esteriore o visibile che è il suo involucro.
Se gli uomini volgari avessero la conoscenza di quest’essere introvabile, invisibile, inafferrabile, che esiste perché esistono le sue opere, che si manifesta nelle arti nelle invenzioni, nelle scienze profane e meravigliose, sarebbe risolto il più grande problema dei secoli, e i bambini imparerebbero a scuola tutta l’anatomia di quest’essere non più introvabile, ma noto e ponderabile.
Però fino a che ciò avvenga, l’uomo invisibile o mentale non è che la SFINGE, cioè l’enigma che a tutto si presta e a tutto arriva.
La SFINGE, se ne guardate le forme nelle antiche mitologie, o se ne leggete le descrizioni, è la trasformazione possibile, fino ai limiti dell’utopia, dell’animo umano. I sacerdoti antichi che avevano bisogno di governare masse di popoli poco progrediti, s’impadronirono dei misteri profondi delle conoscenze sulla sfinge umana e se ne servirono come arma di governo. Quando perdettero queste conoscenze trovarono la loro arma potente spuntita e perdettero l’impero sulle coscienze e sui miracoli.
Lo studioso, attraverso questo simbolo della sfinge jeratica, vegga attentamente ritratto l’uomo invisibile, involuto nell’uomo terrestre o animale.
Questo uomo invisibile, mente o spirito, rappresenta tutte le possibilità di pervenire, cioè l’angelizzazione o la divinizzazione dell’uomo vivente, e quindi di ogni potestà divina.
Gli antichi persiani zoroastrèi dicevano: tu, o uomo, porti con te un amico potente oltre ogni dire, che tu non conosci e che è il migliore dei tuoi amici. Con questo volevano alludere all’uomo interiore, all’essere enigmatico, alla sfinge che riposa nell’intimo del corpo fisico visibili e tangibili, cioè dall’essere misterioso che – per quanto siano progrediti gli apparecchi fisici – per quanto sia perfezionato il metodo di investigazioni profane, non può essere studiato con lo stesso processo adoperato per la materia bruta organizzata o inorganizzata.
Questa diversità di procedimento nello studio dell’uomo interiore invisibile rispetto a quello dell’uomo visibile, permette ai materialisti, cioè a coloro che non veggono che attraverso gli occhi fisici e non toccano che con le mani materiali del corpo bruto, di affermare che l’essere interiore, quest’enigma di tutte le religioni, è un inganno, che niente esiste oltre ciò che si vede con gli occhi e si tocca con le mani, e che coloro i quali diversamente opinano sono o pazzi o illusi.
Ciò facendo i materialisti negano ciò che vedono e ciò che non toccano, ma che non di meno sentono, cioè il PENSIERO UMANO e ogni produzione sua.
Se un materialista nega lo spirito o uomo interiore, nega sé stesso perché il suo pensiero, la sua ragione, la sua logica diritta o storta è UN ESSERE.
Coloro che sono più progrediti hanno il dovere di insegnare agli altri la esistenza di quest’amico interiore che ognuno porta con sé, di consigliare i modi più elementari per meglio entrarvi in rapporto e, tra le altre necessità, spiegare agli afflitti, agli infelici, ai sordi, ai presuntuosi, che l’uomo progredito non ha bisogno di scienze vane e teorie insane, e che il libro della sapienza eterna gli è aperto appena è in grado di intendere il linguaggio della sfinge enigmatica di cui egli stesso è il TABERNACOLO SACRO.
Di qui la SCIEZA DELLE SCIENZE o filosofia jeratica che rappresenta il punto di origine di ogni verità, la sorgente di ogni conoscenza nuova, la fonte di ogni sapere.
Nel putiferio delle false scienze o conoscenze fondate sulla meccanicità delle impressioni, tutti i sintomi deduttivi sono erronei, perché non essendo incrollabile e immutabile la impressione sensista, base di un apprezzamento analitico, tutto l’edificio costruito su premesse parziali è un’illusione, torre di bronzo su piedi di creta.
L’uomo comincia a diventare sapiente appena in lui prende il predominio quell’essere enigmatico, altissimo, omniscente che è meraviglioso per quanto insondabile con la profana cocciutaggine investigatrice, e diventa un dio appena lo sviluppo dell’essere nascosto in lui acquista l’ascenso sublime che non è misurabile con le ordinarie condizioni della superbia umana.
Il medio ideale di cui ho sbozzato il ritratto nella risposta precedente, è l’uomo progredito che pone la sua progredita intelligenza a servizio dei suoi simili ancora stretti nelle spire della falsità, cioè della materia che li serra come in una morsa.
Il medico ordinario è un uomo profano alle verità della sfinge, è l’uomo che si preoccupa dell’azione dei composti del ferro sui globuli rossi del sangue, è l’uomo che crede di estrarre meccanicamente dalla segale cornuta il principio attivo per servirsene come medicamento o come veleno, è l’uomo che grida ogni minuto che la scienza è impotente quando la natura non opera; è, infine, l’uomo che vede nella morte del corpo fisico la fine di una vita.
Il medico ideale o ermetico è colui che ha rapito agli dei il segreto della vita, che alla sorgente della vita universale attinge la sua forza di terapeuta, e alla sublime scienza dell’eternità domanda il bene assoluto di un essere a lui simile e non evoluto.
– Eccomi ad accontentarvi.
Se un viaggiatore ascende il dorso di una montagna e dalla sua pendice guarda le casette nascoste nella valle senza sole e senza aria, dirà: l’uomo che come il bruco si è scavato la tana nel profondo della roccia, non vede il sole e non respira l’aria che io respiro.
Così l’uomo progredito di fronte al suo simile, ancora vivente della vita della materia. Così nella società volgare nelle lettere umane di fronte all’analfabeta. Così in noi e fuori di noi.
Ora gli ermetisti devono considerare la esistenza umana di un punto da un punto di vista che non è l’ordinario da cui tutti gli uomini mirano lo spettacolo delle miserie quotidiane.
La vita è per noi non un fenomeno chimico o di un’elettricità speciale della materia in speciali condizioni, ma lo stato di essere (2) (Manca nella lingua umana la parola adatta.) della nostra eterna natura angelica involuta, cioè maritata con la materia grave.
La morte per noi è il sonno che ci prepara una novella fase della ininterrotta esistenza eterna, è la notte che precede ciò che gli spiritisti chiamano una incarnazione nuova, è una necessità ineluttabile, è un bisogno per rifarci da capo, come è un bisogno il sonno, come è una necessità la notte.
Il Bene non è ciò che piace, ma quello che ci fa spiritualmente avanzare, che ci evolve, cioè che ci toglie dall’atroce schiavitù della materia. Il dolore, la lotta aspra, il pianto, lo spasmo, possono essere un bene. Questo è il grande significato del sacrificio della redenzione e del simbolismo della Via crucis cristiana.
Il male – viceversa – è la seduzione, è l’orgoglio, lo spirito di divisione che separa i fratelli e, fisicamente, è lo squilibrio che regna fra i due principi formanti l’uomo (spirito e materia) e che genera la loro separazione prematura. Il medico ermetista non si commuove della relatività dei fenomeni, ma li guarda e li considera nella loro evoluzione e nella loro finalità. Egli cura il male e lo guarisce, ma se il dolore è un bene, egli non fa che abbreviarne più intensamente la durata.
Se s’intende per terapeutica una scienza della preparazione e della somministrazione dei rimedi tale e quale si studia nelle università e nelle cliniche, bisogna disingannarsi. Ciò che fa differire il medico ordinario dall’ermetista è appunto questo: il primo crede nell’efficacia determinata dal proprio rimedio come il generatore di una reazione chimica sullo stato morboso dell’inferno, e il secondo non crede che a una sola virtù equilibrante, generatrice di ogni bene e di ogni male: il VERBO.
Il Verbum caro che il prete cattolico pronunzia sull’altare è il verbo fatto carne, cioè il lapis philosophorum o pietra filosofale del cielo mistico.
VERBUM si traduce parola; in greco è logos cioè Dio parlante da cui logica, parte della sofia umana che imita l’ordine immutabile dei cieli.
VERBUM è la parola detta, pronunziata, articolata nel cielo etereo, cioè nell’Onnipotente sottilissimo (Jeva) padre di tutte le cose. Il saper pronunziare questo Verbum nell’etere sublime, significa saper generare e determinare tali oscillazioni da produrre qualunque miracolo, e quindi qualunque fenomeno magico o sapiente.
La terapeutica ermetica si riduce, quindi, a questa sovrana sapienza della volontà e della potenzialità umana: di creare nella matrice universale (il Deus dei profani e delle plebi) il movimento capace di avere una reazione sul mondo materiale e visibile.
Il mezzo per produrre tale grandioso e costante fenomeno è uno: perfezionarsi, cioè evolvere, cioè divinizzarsi, per compiere atto o potestà divina. Né s’intenda però che questa forma vaga, perfettamente teosofica, sia l’unica che astrattamente si personifichi e si applichi nell’ermetismo.
L’uomo perfezionato è un ERMES cosciente. Il suo spirito, o favilla intelligente di vita, ambasciatore delle eteree creature del mondo divino, sale e scende a volontà dal campo o zona dell’etere; il quale aeter (lat.) detto anche etra, etera, non è – come s’intese – la parte più sottile e sublime dell’aria, ma la parte più eccelsa e sottilissima del cielo, soggiorno dei numi e degli dei.
L’ermetista, per montare e sublimare sé stesso per la produzione di una realizzazione, si può servire – secondo il suo grado e la sua perfezione – di sistemi diversi, e quindi agire con una diversa terapeutica secondo i casi e secondo le contingenze, onde – sublimando sé stesso – il proprio ERMES arrivi a generare nell’etere divino il movimento generatore dei miracoli.
Le sue operazioni, se analogicamente coscienti, sono MAGICHE, se idealmente eteree, sono DIVINE.
Chi può enumerare tutte le efficaci manifestazioni magiche e divine di un uomo evoluto? – Chi può prescrivere o indicare a chi non è arrivato, in quali e quanti modi di un ermetista può giovare al suo simile, se è una fonte o sorgente di bene, e in quanti modi può nuocergli?
Il bene e il male hanno una stessa matrice. La Provvidenza, con la saggezza infallibile che sintetizza tutte le opere divine, ha stabilito che l’uomo perverso non è uomo evoluto, e che carattere principale dell’evoluzione è la bontà e la carità.
L’uomo che dà al suo simile sofferente tutto il suo io, tutta la sua carità, si sacrifica a lui nelle opere e nella volontà. Ma lo spirito umano che, montando nell’etere vi genera il bene senza passione alcuna e senza secondi fini, è un emmanuel, cioè un salvatore o un cristo.
Sulla materia agiscono la materia e l’intelligenza: sullo squilibrio determinante il male o un’infermità del corpo umano agiscono egualmente la materia e l’intelligenza umana.
Gli agenti terapeutici che cosa sono?
Sono spiriti o ermes?
Sono corpi organizzati di materia o spiriti? Sono materia?
Esaminiamo: le virtù dei minerali, delle piante, delle carni, che cosa sono se non la diversa materia di essere dell’unica essenza di tutte le cose?
In un esteso campo di terra vegetale seminate le erbe più varie, i fiori più diversi, le piante più disparate. La rosa, il garofalo, la belladonna, la cicuta, il prezzemolo, il pino, la lattuga, sono piante e
virtù diverse di una grande virtù centrale che, passando attraverso tutti i semi e moltiplicandosi e aumentando in diversa forma nei germogli nuovi, ha preso parvenza e carattere differenti.
Questa virtù centrale è il succo o anima della terra.
Questo succo o PRINCIPIO UMIDO O ELEMENTO ACQUEO secondo le antiquate e nebulotiche definizioni degli antichi sapienti, è – a sua volta – lo stesso principio che dà, con la respirazione, la vita agli animali; è lo stesso principio che liquefa il piombo e l’argento sotto forma di FUOCO, è lo stesso che si nasconde nei zoospermi per la riproduzione dei corpi organizzati, è lo stesso – infine – che muove i pianeti, che dà la luce alle stelle, che ci fa apparire incandescente il sole, che ci fa amare, che ci fa sentire, che ci fa odiare.
L’anima dell’universo (ANIMA MUNDI) è una, la sua manifestazione è infinita.
Ora se gli agenti terapici siano spiriti o virtù, siano corpi organizzati di materia e virtù o siano materia, nessuno può negare che possono essere ridotti ad un solo agente: il VERBO, di cui tutte le cose visibili non sono che la manifestazione.
Se volete che la terapeutica occulta sia per essere definita nelle strettoie di una definizione, non avete che a ripetere un tentativo titanico: la definizione del VERBO MAGICO, è morire come Polifemo di cui tutti possono rinvenire la storia pietosa.
Due sono i mezzi e molte le vie.
La vita ascetica o religiosa passiva è la più facile e la più lunga. La via iniziatica o magica attiva è la più breve, cioè la più rapida.
Se non che in natura tutto è evoluzione e tutto procede a gradi: la rapidità non è soppressione di stadi intermedi, ma condensazione di periodi. Quindi dolori più eccelsi, livellamenti più crudeli, ferite più sanguinose e corone di spine più tremendamente acute.
Il simbolismo cattolico ci presenta il cuore del Cristo sanguinante. Vedivi l’iniziato alla conquista della sua divinità: ecce homo, questo è l’uomo che sparisce a brandelli sotto la ricostituzione della sua sublime ascensione divina!
I teologi insegnano ai cattolici che il figlio dell’uomo soffrì i tormenti della carne, ma che il figlio di Dio non potè né soffrire, né patire!
Ora è per la resurrezione del figlio di Dio che il figlio dell’uomo finisce negli spasmi di un calvario. Questo per la Pasqua di Resurrezione che ci ricorda simboli antichi più del salterio, quali le uova, nonché l’agnello – paziente e innocente martire di un mistero evolutivo profondo di cui i profani ai misteri sacri non hanno ancora attinto né la verità, né la intelligenza!
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Tratto da Giuliano Kremmerz, “Opera Omnia” – Volume III “Dialoghi sull’Ermetismo e scritti minori”, Editrice Universale di Roma S.p.A. – Roma, 1957
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Fonte web: scuolaermetica.it
In apertura: scorcio della raffigurazione marmorea di Asclepio conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze; foto di Egisto Siani tratta da Flickr