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RIFLESSIONI SUL KARMA… COL ‘CAPPA’ [PARTE II]

Continua dalla prima parte […]

E dove è più l’uomo, il libero uomo che assurge e si purifica e migliora, se ogni volta che paga, una stimmata nuova e profonda si riproduce nella camera oscura e misteriosa dell’anima sua in attesa di ripetere come creditore ciò che oggi ha mostrato di restituire?

Modello di orologio a ricarica automatica, questa psicologia non trova comprensione in noi, che della ascensione di noi stessi per volontà efficace facciamo un assioma indiscutibile. Il destino è più largo, più logico, più comprensibile, anche dinanzi al lumicino della ragione volgare che lo traduce con l’atavismo, quando atavismo vuol dire eredità psichica ed eredità degli elementi fisici costituenti il corpo saturniano e grave dell’uomo vivente della eredità generatrice.

Un’anima che si disincarna, per quanto eterea, conserva gli elementi sublimati del suo corpo fisico che lascia, e psichicamente conserva la memoria latente di tutti gli avvenimenti che si sono svolti sotto i suoi sensi corporali. Se un processo reincarnativo è possibile, la sua reincarnazione è determinata dalla maggiore affinità e simpatia dei caratteri psichici e fisici dei genitori putativi che si va a scegliere o che è costretto a scegliersi. I consanguinei sono più certamente i preferiti e, tra i consanguinei, quelli che più psichicamente gli rassomigliano. L’atavismo, eredità psichica e morbosa, vuoi dire già una predestinazione del rinato a un fine e ad una evoluzione di vita che ha carattere determinativo. L’atavismo psicologico e costituzionale è già un destino in embrione.
Ma il fanciullo, rinato, è costretto nella morsa della educazione e della imitazione incosciente nei primi anni d’infanzia. All’epoca della pubertà, nelle prime crisi di amore indefinito, il suo essere storico comincia a riaffacciarsi e l’adattamento all’ambiente nuovo diventa totale se per sua natura è passivo di suggestione, o parziale se il suo individuo occulto è ribelle a metà, o non vi è adattamento possibile se l’anima storica di lui è in contraddizione assoluta con i fattori della nuova vita. Il suo destino, nel primo caso, è in gran parte determinato dalla storia e dal carattere atavico; nel secondo, dall’atavismo cosi come ora è inteso e dal ricordo più caratteristico della sua esistenza precedente; nel terzo, dalla personalità occulta che nettamente delinea la vita nuova. È chiaro che, in ognuno dei tre casi, qualche cosa o tutto di ciò che avverrà di lui è ineluttabile: questo è destino, latinamente inteso nella sua semplicità comprensiva.

L’uovo ha il suo destino di mettere fuori un pulcino, se è fecondo. Il briacone di ieri non guarderà oggi il vino come un veleno. L’omicida non sarà un uomo di pace e non tarderà a trovare chi ricorderà la sua ferocia. Se a tutto questo vi contribuisca l’influenza siderale o meteorologica che ha determinato il suo concepimento nell’utero di una donna, o se vi graverà il carattere specifico della climatologia di una o altra regione, è affare che si può discutere e vedere, se le cosi dette panzane astrologiche hanno o no un valore positivo.

Ora il Karma, col cappa, non è niente di tutto questo: è la corda occulta di un orologio vivente automatico di cui il corpo umano segna le ore. Il comando dato ad un sensibile in istato profondo di ipnosi lo obbliga sveglio a mangiare una scodella di lupini: questo comando in via di espletamento è il Karma del soggetto sveglio. Se questo identico caso avviene in un uo­mo che muore col desiderio intenso di voler mangiare i lupini, alla rinascita costui non desidererà che di mangiarli.

 

Giuliano J. M. Kremmerz,
La Porta Ermetica, 1910

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