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GIULIANO KREMMERZ: 1ª CONFERENZA ALL’ACCADEMIA PITAGORA

PRIMA CONFERENZA

(16 Febbraio 1921)

*

Venendo a Bari, dopo tanto tempo, ho trovato che sulla nostra Associazione esistono delle idee non equivoche, ma imperfette, che non corrispondono interamente alle direttive che io detti alla Fratellanza al suo inizio. Quindi mi permetto di rivolgermi a tutti per chiarire l’idea fondamentale, la base sulla quale fondammo la Miriam.

Nel 1897 io scrissi il Mondo Secreto. Ebbi molti lettori che, dopo essersi interessati a quanto io volgarizzavo, cominciarono a rivolgersi la domanda: Ma a che cosa serve tutta questa teoria vivificatrice di antiche superstizioni? – Quindi la necessità di trovare un’applicazione della teoria alla vita pratica. Dissi allora che queste teorie sono applicabili a tutte le contingenze della vita. A tutte… Però servirsi di esse in ogni caso dell’ esistenza nostra, coi vizi inerenti alla natura umana, con gli scopi egoistici che ciascun uomo, volere o no, ha in serbo, non era cosa né prudente, né giusta prestandosi facilmente alla critica ogni applicazione dellateoria al successo individuale nella folla dei desiderii e delle necessità che turbano in tutti i momenti l’uomo nella vita intima e di relazione.
Occorreva trovare quindi una formula che permettesse, con larghezza di aiuti e purità di intenzioni da parte di tutti, di adattare e realizzare queste teorie, e scegliemmo la medicina come scopo.

Dunque la nostra è Fratellanza terapeutica: noi vogliamo applicare le teorie magiche al lenimento del dolore. L’ideale nostro sarebbe l’abolizione della morte, delle infermità e della sofferenza. Questo ideale sarà raggiungibile fra molti secoli, quando saremo scomparsi e ricomparsi chi sa quante altre volte. Oggi, cominciando, noi possiamo applicare questa forza, o questo cumulo di forze, a lenire i dolori transitorii nella vita umana. Annunziata così la Società, come terapeutica, si cominciò a domandare: «Essa darà medicine? darà cure come il medico chiamato al letto dell’ammalato?» – E vennero gli equivoci che furono poi diradati. Questo stesso compito io mi accingo questa sera a disimpegnare tra voi.

Noi parliamo di forze occulte. Che cosa sono? Forze occulte della natura in genere o della natura umana? – L’uomo, messo in contatto dell’altro uomo, esplica tutte le sue facoltà in relazione ed in proporzione dell’educazione che ha avuto nella vita. L’uomo sa leggere, sa scrivere, sa far i conti ed adatta tutte queste sue cognizioni diverse allo svolgimento della sua esistenza materiale, dei suoi interessi particolari… Però quest’uomo esteriore ha in sé un organismo non ancora completamente sondato dalla scienza; un organismo psichico il quale per se stesso è un valore, cioè un numero, cioè una qualche cosa di così concreto, come potenza e forza, che comincia dallo zero ed arriva ad un numero infinito ed inconcreto.

Negli esperimenti che vengono eseguiti nei gabinetti scientifici dove gli studi psichici conquistati dalla scienza ufficiale si vogliono rendere sperimentali, si prende un soggetto sensibile, si addormenta, si magnetizza, si ipnotizza, secondo il gergo in uso. Il sensibile comincia a manifestare certi fenomeni che non sono assolutamente comuni negli uomini svegli e coscienti e in condizioni normali. Per esempio: ci sono medii, o sonnambuli, o soggetti sensibili, i quali messi nel sonno magnetico possono arrivare a dare manifestazioni di una certa materia ignota alla scienza e far apparire forme precise di materia viva, di organi umani plasticamente modellati come veri e reali e sviluppare una facoltà fantomatica (creatrice di fantasmi e plasmatrice di figure pensate); o che possono indirizzare a far vibrare le corde di una chitarra posta sulcornicione della stanza e così via. L’uomo ordinario, nello stato normale, non può compiere nessuno di questi atti. Però esistono molte contingenze della vita, straordinarie, imprecisabili, in cui ogni uomo può determinare un piccolo miracolo vivo e sveglio, che non può ripetere a volontà ma che testimonia in tutti una facoltà occulta, nascosta, non sondata, analoga a quella dei medii addormentati. In ogni famiglia si potrebbero raccogliere documenti di tal genere – specialmente nei riguardi della psiche umana.

Una qualunque occasione eccezionale da agio alla manifestazione o di un miracolo di fede, o di un miracolo di intuizione, o di un prodigio di sentimento, in virtù dei quali viene a determinarsi un fenomeno nuovo che sfugge all’azione o all’esame, o all’analisi di qualsiasi persona che voglia considerarlo alla stregua dei dati della vita comune e della scienza conosciuta e controllata. Il piccolo preannunzio, ad esempio, delladonna di servizio che una bella notte riceve in sogno l’impressione che la padrona o sta alla vigilia di una malattia o deve morire. Analizzate questo fatto se ha la sua conferma col verificarsi del sogno. Chi può determinare la facoltà profetica in noi la quale preannunzia un avvenimento nella casa molti giorni o mesi prima che ogni indizio apparisse a preoccuparcene, e verificato punto per punto? – La Filosofia vi fa sopra uncumulo di disquisizioni. Chi ha prodotto il fenomeno? la serva? lo spirito? l’Angelo? l’Arcangelo? il Demonio? la Madonna?
A noi non importa. Io affermo che il fenomeno esiste; constato un fatto: una persona in sonno normale, con digestione normale, ha dato il preannunzio di un piccolo o grande avvenimento che si è verificato.

Ora, esiste, osservato dal punto di vista scientifico e sperimentale, un potere occulto, un potere dell’individuo interiore, nei medii, per cui delle facoltà anormali si manifestano. Ed esistono negli uomini di vita normale dei fenomeni, i quali regolarmente devono far supporre che il nostro organismo interiore, pur nella vita normale, può avere facoltà tali che non possiamo con la comune filosofia spiegare, o si è costretti all’ipotesi di interventi di spiriti di morti o di dii e santi della religione nella compagine della società umana.

Constatato questo potere torno alla nostra fratellanza. Mettere le forze occulte, le forze che vivono in noi, nel nostro organismo occulto, che rappresentano le nostre energie interiori, a profitto di coloro che possono avere bisogno di un aiuto che la scienza ordinaria non può dare, questo è il compito della nostra fratellanza.
Quindi la nostra fratellanza non è un medico o un’ accademia di medici nel senso profano della parola, perché nel mondo profano non ci sono più medici che studiano l’organismo occulto umano.
Noi dobbiamo dare agli infermi una forza interiore nostra che il medico profano non può dare; noi possiamo dare alla vita indebolita, sofferente di un uomo, un principio vitale che tutti quanti noi, come in genere tutti gli uomini, possediamo e che sotto determinate leggi possiamo trasmettere o aggiungere alla forza vitale dell’individuo che ne manca. Come una trasfusione del sangue, la nostra è una trasfusione di fluido della vita animale e psichica.

La nostra opera, per adoperare una parola comune, è spirituale.
Ma di questa parola si è abusato, perché spirituale è il prete cattolico, spirituale è il protestante, spirituali sono le signore che parlano di filosofia astratta e religiosa, come tutti coloro che hanno una fede. Noi dobbiamo intendere spirituale la forza del nostro essere interiore che non ha parola spicciola del vocabolario comune atta a definirla perché di questa forma di energia la plebe non si è data mai conto. Dirò che i neoplatonici la chiamarono Amore e i religiosi Santità: per noi è forza, valore ed energia, immateriale allo stato attuale degli strumenti fisici che controllano le forze materiali, ma spirituale per la sua materialità sottilissima e sublime che muta l’apparenza transitoria delle cose donando la vita dove la vita manca.
Dunque in noi sentiamo, e possiamo trasmettere, una forza latente, nascosta, che rappresenta il principio di vita comune a tutti, che ci rende tutti solidali e secondo la nostra filosofia è la forza prima e una di ogni creazione umana.

La nostra scuola, o meglio la nostra Fratellanza, convertita in Schola, ha formato dei singoli individui ascritti ad essa, e collegati fra loro in catena. Noi chiamiamo Catena l’insieme di più elementi riuniti nello stesso scopo, nella stessa finalità, compienti dei riti che menano all’estrinsecazione della maggiore potenzialità delle forze singole, somma di forze riunite trasmettibile, esteriorizzabile fuori della nostra cerchia. Catena e Circolo sono sinonimi.
Quindi gli individui qui convenuti debbono anzitutto essere ascritti alla fratellanza; debbono seguire il rito prescritto, comune, e sentirsi collegati gli uni agli altri, per lo meno nel momento che compiono questo rito mattutino, da vincolo di amore. Debbono pensare che il mattino nel porsi in condizione di pregare (non nel senso comune religioso) debbono compiere opera magica, come se toccassero la chiave o la rotella di un telefono e chiamassero tutti gli altri membri che nella stessa ora compiono la stessa operazione; mettersi ritualmente con le braccia aperte è stendere le mani nell’invisibile per stringere le mani dei fratelli oranti e lontani, con amore (questa è la parola di Dante), con grande equilibrio di giustizia e di carità (questa è santità laica).

Per chi compiamo il rito? Per qualunque sofferente il quale possa domandare a questo circolo, che noi formiamo, di essere sollevato dalle proprie pene. Questo è il primo concetto fondamentale. Se questo non si fa materialmente, la catena per noi non è formata e quindi la forza che ci viene a domandare un ammalato non èforza di catena, ma di uno qualunque che più o meno progredito e sapiente si mette in contatto con l’ammalato e da quello che può.

Invece di essere un tesoro di forza, è una forza singola di una persona. Se si vuol compiere opera la quale può cominciare con cento pile e terminare con milioni di pile, bisogna che tutti siate collegati e collegati in catena a base del rito mattutino.
Le spiegazioni relative ai riti possono esservi date dalle persone fra voi che sanno, perché più avanzate. I libri che io ho scritto stanno a far capire la necessità del rito e delle formule, come unica maniera per concretare l’unione delle forze psichiche in una certa direzione.

Ora, quali sono gli effetti della catena?
Primo: sopra i singoli individui. Secondo: sopra l’ammalato o la persona purchessia che ci domanda qualche cosa.
Osserviamo il primo effetto. Molti entrano in questa Società con l’idea personale, egoistica, che non conoscendo nulla della scienza occulta, vogliono apprendere le nozioni, le regole, le applicazioni per sé soli, per il proprio avanzamento, per una più rapida e perfetta evoluzione. Essi dicono: noi abbiamo un essere interiore che ha bisogno di essere sviluppato; ci introduciamo in questa Scuola per avere istruzioni e diventare maghi, cioè uomini superiori almeno di dieci cubiti alla levatura media: essi non vogliono altro che diventare superuomini. Con le pratiche vogliono entrare in comunione con l’angelo tale o con l’arcangelo tal altro, per poi sentirsi i preferiti della divinità, e divini per se stessi. Ma questo è un diventar matti.
La nostra Scuola non si propone il compito di popolare il mondo di maghi, magonzoli e stregoni. Essa da all’individuo il mezzo di progredire personalmente ma in ordine alla Catena, e l’individuo che è discepolo della nostra Schola ne avrà contezza con l’esperienza nel sentirsi tra uomini che si amano e che hanno il culto della giustizia assoluta, della carità nell’amore, della rettitudine nell’azione. Tra voi, collegati in circolo, sono individui più forti, fortissimi e meno forti, i più concreti e meno concreti; i più attivi, gli attivissimi e i meno attivi, i vibranti, i sensibili, gli intuitivi, i sordi; i più atti al lavoro psichico, i più poveri di vibrazioni. La catena ideale e rituale li riunisce, li determina, li affratella in un circuito di scambio energetico di forze in chi dormenti, in chi assonnate, in chi sveglie. Come in aritmetica le frazioni sono ridotte a un denominatore comune per farne la somma, gli elementi della stessa catena si equilibrano in una fisionomia comune e in una somma di vibrazioni omogenee che danno ai meno abbienti il superfluo delle nature più ricche senza squilibrarle ed impoverirle.

Il circolo diventa compensatore dei valori disuguali, donatore di forze e di energie. E allora comincia il primo progresso individuale, in quanto che il migliore assorbe da altri e, assorbendo con una mano, da con l’altra ai più poveri di questa forza interiore, il fattore potenziale energico di cui mancano, e saranno questi ultimi che si troveranno nutriti in maniera tale che, a riconoscerli dopo un breve periodo di tempo, si stenterebbe.
Tutto ciò è questione di esperienza, non di parole. Ora, come iniziazione individuale, questa forza della catena vi mette in condizioni di sviluppare il vostro essere interiore e prepararlo a stati nuovi.
Come forza collettiva, e passo così al secondo punto, questa catena può essere sorgente di energia benefica, a cui qualunque elemento che la costituisce può attingere la forza e il potere per qualunque opera di bene, nei confini del programma da noi stabilito e che si vuol realizzare.

Supponiamo un malato. L’ammalato si raccomanda alla catena per mezzo di un fratello. Allora il fratello, cioè l’individuo, il numero che è nella catena e che sta in contatto col sofferente, deve assorbire la forza di tutta la catena per dare con quella stessa larghezza con cui egli ha avuto, e che egli stesso ha concorso a formare. Ma tutto questo che ho spiegato finora è nel campo astratto, perché finché non è messo in pratica resterà una cosa poetica, e voi direte che avete inteso l’espressione di un ideale seducente, ma che non avete visto nulla finché non avrete realizzate le idee che vi ho date.

Chi sta con noi deve essere numero effettivo del circolo; numero cioè esponente di quantità e forza, di valore psichico realizzatore, ed essere convinto non dalla teoria seducente e paradossale, ma dalla prova di esperimenti continui nella corrente di animismo che è frutto della stessa sua opera. Credete che noi siamo i primi a dare e a provare un valore tangibile a una catena di volontà, siano anche volontà di uomini non ritualmente legati ad un’idea centrale di studi o di fede.
Ultimamente nel Circolo Vergiliano di Roma facemmo un esperimento semplice. Si invitò un fratello nostro di costituzione tutt’ altro che forte a tenere il braccio destro disteso orizzontalmente e a misurare il tempo massimo della sua resistenza nella posizione indicata. Il cronometro segnò sette minuti primi (lo stesso esperimento fu ripetuto al Circolo Pitagora pochi giorni dopo la conferenza e il paziente da 19 minuti e 4secondi di resistenza ordinaria raggiunse 41 minuti primi.) Poi costituimmo una catena in circolo, lo stesso individuo s’attaccò con la sinistra alle mani congiunte di due esperimentatori e sollevò il braccio destro in posizione orizzontale. Passarono i sette, i dieci, i quindici minuti. La forza di resistenza continuò e il braccio continuò a restar teso. Tutti in silenzio rivolgevano il loro pensiero al soggetto in prova perché il braccio resistesse. Al 37° minuto lo sperimentatore avvisò di non poter più tenere il braccio orizzontalmente. Allora lo facemmo rapidamente staccare dalla catena e un altro degli assistenti, un giovane e distinto medico, si pose (restando con la sinistra legato al circolo) col braccio destro in libertà e con la mano aperta cominciò a praticare sul braccio ancora disteso dell’individuo in esperimento un massaggio magnetico dalla spalla al polso. I 37 minuti divennero 40, 45, 47…

Perché non ripetete una prova così semplice tra voi, in circolo, con elementi anche profani alle nostre teorie per convincervi che qualche cosa di praticamente probante esiste nei nostri enunciati? Immaginate nello stendere le mani, nel compiere il rito mattutino che dall’estremità delle vostre braccia si prolunghino nello spazio due braccia invisibili per incontrare e stringere le mani di altri fratelli oranti allo stesso momento. La posizione crociale delle braccia, in simbolo, è la catena ideale delle anime che unisce tutti gli individui operanti nella stessa meta, e animati dalla stessa fede nell’opera buona e grandiosa che compiono, di porgere a chi ne richiede, la forza vitale che si accumula a suo prò.

Con questo vi ho dato il fondamento della nostra Miriam. Tutto il resto è accessorio se ben si comprende questo.
Per fare è necessario che tutti siate regolarmente iscritti alla Fratellanza, che abbiate ciascun di voi la vostra pagella nella quale sia contenuto il geroglifico personale da tracciare secondo le norme dei riti prescritti.
Gli individui sono ridotti a numeri, cioè alla valutazione di quel che ognuno contiene in sé. Questo è numero astratto se si considera la forza del pensiero come quantità astratta; invece è concreta per noi che facciamo esperimenti concreti, cioè che non preparano niente per il di là, ma il medicamentum vitae per noi stessi. L’individuo è ridotto a numero, è classificato con un numero che rappresenta la sua potenzialità. La cifra che egli deve tracciare rappresenta il genio assegnatogli.
Per comprendere questa parola genio, occorre spiegare che essa deriva da generare e sta a significare la forza complementare concreta che serve per aiutare e completare l’individuo nel suo numero. Ad esempio: consideriamo un individuo che, secondo la nostra teoria, abbia uno sviluppo interamente saturniano. Saturniano significa che preponderano in lui esclusivamente le forze fisiche, e gli attaccamenti alla terra, nei bisogni esagerati e voraci dell’animale che tutto vuole per la sua conservazione materiale; diffidente e appetente in tutti gli atti che compie: nel mangiare, nel camminare ed anche nello svolgere pensieri nei quali si sente tutto il Saturno, cioè tutto il piombo della sua costituzione: è l’individuo grave, pesante, impacciato che vi fa sentire la gravita lugubre della sua presenza, priva di sorriso, traspirante malinconia e mortorio.

Questo essere saturniano ha il genio compensativo, che è costituito dall’invocazione al contrario del suo temperamento intimo fisico e spirituale. Il genio proprio a lui rappresenta il suo complemento, la sua integrazione ideale e pratica; la correzione del tipo inadatto per mutarlo in tipo più leggero e facile nella struttura del suo essere interiore e nella vita di relazione. Potrei farvi osservare che nella recitazione del rito il beneficio del mutamento di vecchio tipo in nuovo e più complesso è il primo beneficio ad apparire nei novizii – nei quali sfugge spesso il graduale mutamento che li rifà da capo a fondo. Osservate gli uomini che presentano una preponderanza venerea. Venere è la dea della bellezza nella forma più squisita della manifestazione; ma anche nella forma più cattiva. I venerei hanno anche bisogno di un complementare, cioè di elementi, di virtù che permettano l’esplicazione di poteri che l’elemento venereo da solo non potrebbe dare. I venerei sono autoammiratori della loro bellezza; hanno cure esagerate di se stessi, preoccupati solo della forma esteriore adorano l’apparenza seducente delle cose. Un venereo assolutamente dedicato allo specchio, si preoccupa più della cravatta e di una piega dei calzoni che di una questione seria in cui possa impegnare la sua anima e il suo avvenire. È spesso un elegante infelice.

È lui che può essere mutato in uomo equilibrato, evocando il suo coefficiente perché contrario; lo si trasforma in un essere utile per la società e meno preoccupato di se stesso. Quando dunque sentite questo linguaggio magico di Saturno, di Venere, di Mercurio ecc. ecc. traducetelo sempre in tipo vivente e reale, abbiatene idea chiara e facile secondo gli accenni che vi ho dato.
Il rito deve essere eseguito con interesse non egoistico, pensando a se stesso, al proprio perfezionamento, ma con l’idea opposta di dare alla catena. Ciò che risulta a se stesso, risulta per beneficio indiretto, ma che arriva meccanicamente, matematicamente al suo fine.

Il rito deve essere da tutti compiuto nella stessa ora, ma durante la giornata esistono delle ore che corrispondono astrologicamente tra loro e fare il rito in una o nell’altra di queste ore è indifferente. 
Le nostre idee sono semplici, ma difficili per la loro semplicità. Le idee della nostra scuola debbono essere vissute, giacché se non si vive la vita magica, maghi non si diventa. Il mago è il realizzatore nel piano della realtà sensibile.
Chi intende di studiare l’applicazione della vita magica, delle forze magiche, deve cominciare da quando si leva fino alla sera ad adattarle a tutte le occasioni della vita reale, perché solo con l’azione, con la pratica, dette forze si sviluppano. Tal quale, come le forze fisiche dell’uomo. Ma come fare? Fate anche male perché vi correggerete e farete bene poi. Ricorrete nelle piccole e grandi cose di tutti i giorni alle virtù che avete intuite o imparate e che rappresentano poteri occulti dell’anima vostra – applicatene le leggi o esercitatele in pratica. Se nell’uscire di casa al mattino dovete scegliere il bastone o l’ombrello, riflettete che fate appello alla speciale virtù di previsione che cangia per un istante il vostro organismo in barometro.

Ma ritornando al meccanismo della catena, io credo utile avvisarvi, che unico nostro scopo di esperimento è l’applicazione delle nostre forze occulte, residenti nel nostro organismo interiore, a fine terapeutico; quando orate negli intensi minuti del vostro rito, non prefiggetevi alcuna meta egoistica. Pensate ai malati che a noiricorrono, pensate al bene che dalla nostra opera scaturisce per gli altri, traete dai cieli secreti ed ignorati delle vostre vibrazioni intime tutta l’essenza più nobile e donatela a mano aperta: è il simbolo del nostro saluto. Non un’ombra passi sul terso cilestre della vostra anima che offuschi per un attimo lo splendore di una donazione senza compenso mercantile – non vi è voluttà più seducente che di sapersi pronto a far cosa utile agli altri senza impurità mercenaria, come anonimo fattore di gioia in cui vi mutate nei brevi momenti rituali.

Esistono nella vita ideale che di noi serpenti della terra fa angeli e santi, delle consolazioni che valgono più dei milioni delle banche e dei larghi dividendi delle azioni industriali – e se questi ideali fossero illusioni, benedetti voi che vi illuderete e saprete illudervi nel pantano melmoso della vita dei terrigeni.
Al sofferente che vi chiede date in larga misura, senza lesinare, senza pesare, il vostro contributo di pensiero e di forza. Chi vi chiederà la sanità non intende domandarvi una droga o una medela. È il medico e il farmacista che danno, approvati dalle università statali e poi dalle leggi, medicamenti e pozioni. Noi diamo per niente dei filtri invisibili che hanno un valore sconfinato, senza domandare compenso o elemosina. La mano aperta lascia cadere il dono e non afferra il compenso volgare che non pagherebbe mai l’opera nostra.

Date al sofferente che chiede un atto di carità, nel senso che definii nel Mondo Secreto, un brandello della vostra vita come i donatori del loro sangue a organismi esausti. Sia in voi evidente che voi siete anelli di una catena di forze vitali, e che se l’infermo spera, un pensiero preciso e purissimo lo guarisce. Un’impressione mentale, che si cangia in forza concreta, agisce sull’organismo umano come e meglio di una droga o di untossico: non avete voi esempii di disordini morali che ammazzano? di paure che fanno incanutire? di terrori improvvisi che paralizzano? di gioie inaspettate che abbattono? Ebbene questi disordini, queste paure, questi terrori e queste gioie non sono che forme di pensiero – La vostra forma pensata è terapeutica – è sanatrice.
L’ammalato di forma comune ha il medico. Se ricorre a voi, consigliate che chiamasse il medico e lo ascoltasse con fede e ne seguisse i consigli. Il nostro medicamento passa attraverso il medico e le boccette o le polveri prescritte, perché è più sottile dell’aria e più penetrante dell’etere – è etere imponderabile, invisibile, più veloce della luce, più attivo del calore, perché è vita. Un medicamento ha la virtù che l’esperienza gli ha data. La nostra catena può dargli la vitalità che non è tra le virtù di nessun composto di codice farmaceutico – poiché la forza che è vita in noi, è vita nell’universo – e attinge la sorgente e il centro vitale di qualunque droga e composti di speziali e può guarire o alleviare le pene dell’uomo.

Vi esorto a pensare che siete ai primi principii, all’alfabeto di queste concezioni che non sono facili perché troppo semplici e l’educazione moderna non ci rende propizie le idee semplici. Se dalla linea tracciata non vi allontanerete, imparerete, pur non essendo mistici, come il tesoro della Medicina Dei è opera di tutti a beneficio di tutti.

 

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Fonte: giulianokremmerz.org

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