Tutta la nostra società occidentale è oggi pervasa dall’idea che la misurazione quantitativa possa risolvere praticamente tutti i problemi – non solo quelli sociali e personali, ma anche il problema della conoscenza.
La regola della maggioranza, i sondaggi popolari, i questionari, i test di intelligenza e professionali, le decisioni prese sommando i diversi pro e i contro, sia nella mente di una persona che in una riunione di comitato, sono tutti metodi quantitativi. Allo stesso modo, troviamo oggi la scienza, che basa le sue ricerche e i suoi giudizi soprattutto su intricate misurazioni, statistiche e modelli informatici.
Si pensa che l’intelligenza dipenda da quanti problemi si possano risolvere e in quanti minuti. Velocità, frequenza e dimensioni – tutte indicazioni quantitative – raccontano quasi tutto. Il nostro sistema democratico esalta la competizione – competizione tra individui che sono considerati quasi esclusivamente come entità astratte, come numeri su un tabellone.
Il successo di una nazione è definito dalle dimensioni del suo Prodotto Nazionale Lordo, da quanto si è espanso, da quante altre cose – inutili, forse – le imprese commerciali hanno venduto a quante persone in così tanti giorni o mesi.
Il tasso di aumento o di diminuzione, la percentuale di profitti o perdite, e recentemente il più cruento, il “conteggio dei cadaveri” nella guerra del Vietnam – la competizione per uccidere di più per avanzare più velocemente nei ranghi – tutti questi fatti tanto pubblicizzati che ogni giorno riempiono la mente della persona media testimoniano il culto della quantità nel nostro mondo occidentale sempre più automatizzato e computerizzato, nella nostra società sempre più disumanizzata e confusa.
La capacità di misurare è fondamentale nello sviluppo di una coscienza oggettiva della realtà esterna. Si può misurare solo ciò da cui ci si è separati; e l’atto di misurare richiede
un qualche tipo di attività di misurazione e
uno standard di misurazione, cioè un valore almeno relativamente permanente con riferimento al quale la misurazione assume significato.
Einstein ha sottolineato l’importanza dei metri e degli orologi in tutte le misurazioni fisiche, e naturalmente molti altri metodi più raffinati di misurazione della lunghezza e della frequenza sono stati concepiti nella fisica atomica. Lo statistico, allo stesso modo, utilizza un concetto di “norma” o aspettativa in relazione al quale i dati accumulati sono significativi o privi di significato; questa norma è il suo metro di misura.
La selezione di alcune migliaia di persone a cui vengono poste domande specifiche nei sondaggi sociali o politici costituisce l’istituzione di un tipo speciale di norma, cioè il concetto, apparentemente valido nella maggior parte dei casi, che una certa classe o gruppo di persone ha opinioni collettive che variano solo leggermente da individuo a individuo, così che l’opinione di alcuni membri del gruppo rivela il modo in cui l’intero gruppo sceglierà tra le alternative e agirà di conseguenza – un fatto che, certamente, tende a deridere il nostro moderno tipo di individualismo e democrazia.
Ciò che probabilmente non è troppo chiaro alla maggior parte delle persone è che l’atto stesso di misurare implica inevitabilmente un processo intellettuale che può esistere solo se un determinato tipo di mente è in funzione. La “mente che misura” è un tipo definito di mente in cui è attivo un particolare tipo di coscienza. Questo tipo di coscienza oggettiva non è certamente l’unico.
– La seconda parte di questo testo, a firma di Dane Rudhyar, sarà pubblicata a breve –
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