La nostra epoca è malata, perché l’uomo ha perso il contatto con la propria anima. Senza dubbio, ci sono state altre epoche, periodi oscuri durante i quali l’anima si era ritirata, o era velata, ma è solo oggi che sembra essersi verificata una spaccatura definitiva, un taglio netto.
Avviene così che l’umanità non trascini più dietro sé le vecchie catene che la appesantivano ma che, nonostante tutto, la tenevano unita alla propria divina essenza; c’è stato un taglio netto e ora vaga libera.
È comparso l’eterno Nemico che ha profuso dinanzi ai nostri occhi estasiati tutto il panorama delle ricchezze e delle glorie della vita; non solo il comfort, il piacere e il benessere, ma anche le ricchezze del potere e della conoscenza; non abbiamo saputo resistere e ci siamo gettati a capofitto nella valle della tentazione dando la nostra anima come merce di scambio. Siamo ormai padroni di tantissimi campi e la nostra conoscenza e potere si estendono su una varietà di regioni immense prima ignote; ma, proprio come il Vishnu nano, la nostra coscienza ha coperto in tre soli passi tutta la creazione, ma non il luogo dove dimora l’anima.
La nostra mente, la vita e il corpo sono oggi molto più coscienti e sanno di essere più potenti, ogni parte ha trovato se stessa e il proprio valore; ma ciò che un tempo era conosciuto come l’essenza della mente, della vita e del corpo è svanito, perso assieme al suo significato. È stato tolto l’interno e ci ritroviamo con lo stelo vuoto; il filo sacro che teneva insieme le perle della vita è stato tolto e le perle sono ora sparse. Abbiamo arricchito i nostri possessi e il nostro divenire è più complesso e multiforme: telescopio e microscopio del mondo fisico e un senso più sottile della mente hanno esteso la superficie della nostra coscienza, ma nella nostra fretta di occuparci di troppe cose ci siamo dimenticati della sola cosa necessaria e l’abbiamo estromessa.
Abbiamo voluto più conoscenza, ma stando lontano dal suo centro; quel che abbiamo ottenuto non è una crescita o elevazione, ma solo un’accumulazione di conoscenza, un’accumulazione di svariate forme e di poteri esteriori o di applicazioni della conoscenza. È una molteplicità di movimenti diversificati e indipendenti che si spingono, si limitano e si urtano l’un l’altro a formare la personalità dell’uomo moderno, sempre più instabile, nevrotico e superficiale, se confrontato al temperamento più semplice e meno equivoco che aveva in passato.
Buona parte della cattolicità, del liberalismo o della tolleranza che spiccano nella coscienza umana del giorno d’oggi si devono non tanto al senso di unità e di identità, che è il risultato naturale e inevitabile di una vera crescita della coscienza, ma piuttosto al dubbio, all’indecisione e all’esitazione, all’agnosticismo, al dilettantismo e cinismo di una coscienza che è semplicemente pluralistica.
Separata dall’anima, dalla sorgente primaria del suo essere, la coscienza umana è stata come essiccata e ridotta in polvere, proiettata sui suoi vari e multiformi movimenti esteriori, e appare ora una landa di deserto instabile e assetata. Una speciale aridità ha invaso la coscienza moderna: si è prosciugata la linfa che prima rendeva la vita fresca, giovane e felice. Non è che non ci piaccia più la vita, al contrario, vi siamo attaccati più che mai, ma questo attaccamento ci è piombato addosso come una fame malsana; bramiamo la vita ma non ne conosciamo la gioia. Diamo un’importanza smisurata al corpo, a ciò che è esteriore e superficiale, alla materia della vita, e allo stesso tempo rifiutiamo la vita e ne proviamo disgusto. La natura umana è stata spaccata in due e la vita ha perso la propria unità, il proprio ritmo.
La nostra è un’età di fame: fame di conoscenza, fame di potere, fame di godimento; ma non sappiamo e non ci interessa sapere le sole condizioni nelle quali questa fame può essere davvero soddisfatta. Per prima cosa, crediamo che per soddisfare la nostra fame dobbiamo solo andare diritti e piombare sull’oggetto, non crediamo affatto necessario metterci a considerare dapprima la nostra natura e la nostra capacità assimilativa. La nostra fame serve solo a moltiplicare gli oggetti della fame, e gli oggetti della fame a loro volta moltiplicano la fame, è il circolo vizioso in cui siamo intrappolati. Avevamo fame di progresso, ma quel che siamo riusciti a ottenere è solo cambiamento e movimento, velocità e agitazione; volevamo la luce, ma abbiamo ottenuto solo informazione; cercavamo il potere e siamo riusciti a impossessarci di qualche trucco o di qualche manipolazione intelligente; aspiravamo alla felicità ma ci siamo fermati a dei piaceri occasionali, e perciò all’insoddisfazione.
Per liberare la nostra vita da questa forzatura e da questa tensione così frammischiate, per tirarla fuori da questa ambiguità e incertezza e per liberarla da questa forza di gravitazione che la attira verso ciò che è superficiale ed esteriore, e conferirle perciò il suo reale valore, dobbiamo invece trovare e possedere la vita a un livello più alto, alla sua origine non contaminata; dobbiamo innanzi tutto fare un passo indietro e ristabilire, ma questa volta coscientemente e integralmente, la connessione che abbiamo perso con la nostra anima, con il Divino dentro di noi.
Nolini Kanta Gupta
tratto da «Domani», maggio 2011